Domenica mattina. Giornata libera dal lavoro. Gli uccellini cinguettano, il letto è caldo, non ci sono impegni per la mattinata. Il programma è starsene sotto le coperte a non fare niente di più stressante di qualche carezza al gatto o dello zapping col telecomando. Tutto perfetto…troppo perfetto.
Trilla il cellulare. Un messaggio: è un amico, si annoia da morire, vi scrive che c’è un sole bellissimo, una temperatura primaverile deliziosa e vi chiede di uscire per un caffè. Ma…e il letto? e il gatto? e i cartoni in tv? Insomma, non ne avete voglia. Volete guardare i cartoni. Volete restare in pigiama. Non vi va proprio. Ma del resto, l’amico vi sta chiedendo di uscire…insomma, alla fine gli dite di sì e uscite coraggiosamente dal letto.
Perché lo avete fatto, se non volevate?
Facciamo un passo indietro, e poi ci ritorniamo.
Manuel J. Smith, psicologo clinico-sperimentale, scrive nel 1975 un libro che venderà poi due milioni di copie: il titolo, When I Say No, I Feel Guilty, dice già tutto. Il cuore dell’opera è una teoria dei diritti, espressa in dieci punti, basata su due elementi chiave: la capacità di esprimere il proprio volere in modo garbato, ma chiaro e deciso, e quella di resistere alle manipolazioni esterne.
Si parla di assertività, insomma, ovvero la qualità di chi riesce a far valere i propri diritti, opinioni, idee e desideri, ma sempre nel rispetto di quelli altrui.
Ora, io i dieci diritti assertivi io li stamperei in centomila copie che poi andrei ad attaccare ovunque. Non so se lo farò un giorno, non si sa mai, ma per il momento spero che più persone possibili abbiano la possibilità di leggerli e rifletterci un po’ su. Eccoli:
I dieci diritti assertivi
Voi avete il diritto di dire no senza sentirvi in colpa.
- Voi soli avete il diritto di giudicare il vostro comportamento, i vostri pensieri e le vostre emozioni, e di assumervene la responsabilità accettandone le conseguenze.
- Voi avete il diritto di non giustificare il vostro comportamento adducendo ragioni o scuse.
- Voi avete il diritto di decidere se occuparvi degli altri,se essere responsabili degli altri.
- Voi avete il diritto di mutare parere e opinione (…) di cambiare il vostro modo di pensare.
- Voi avete il diritto di sbagliare, assumendovi la responsabilità delle eventuali conseguenze negative.
- Voi avete il diritto di non farvi coinvolgere dalla benevolenza che gli altri mostrano quando vi chiedono qualcosa.
- Voi avete il diritto di essere illogici nelle vostre scelte.
- Voi avete il diritto di dire “Non so” quando vi si chiede una competenza che non avete.
- Voi avete il diritto di dire “Non capisco” a chi non dice chiaramente che cosa si aspetta da voi.
- Voi avete il diritto di dire “Non mi interessa” quando gli altri vi vogliono coinvolgere nelle loro iniziative.
I diritti sono le fondamenta su cui costruire rapporti positivi con gli altri, basate sul rispetto reciproco e sull’onestà.
Ovviamente, riconoscere i propri diritti significa che ci sono anche dei doveri, primo tra tutti quello di rispettare i diritti altrui.
Torniamo ora al messaggio dell’amico che vi chiede di uscire mentre siete sotto le coperte a fare le coccole al gatto.
Tutti i diritti elencati prima possono ricondursi ad un unico, universale e fondamentale diritto: quello di dire no senza sentirsi in colpa. Allora perché quasi sempre diciamo sì?
Il senso di colpa è uno dei sentimenti più dolorosi, odiosi, fastidiosi, e un sacco di altre cose che terminano con “osi”.
Ben venga il senso di colpa quando davvero c’è una colpa: quale miglior campanello d’allarme potrebbe avvertirci che abbiamo sbagliato? La sensazione sgradevole che proviamo ci permette di rimediare all’errore. E’ utile. E’ adattivo.
Ma dire di no ad un amico che ha voglia di prendersi un caffè mentre noi vogliamo poltrire fino a mezzogiorno può essere una colpa? Dire di no alla suocera che per l’ennesima volta ci invita a pranzo la domenica mentre noi avevamo deciso di fare una gita? Dire di no al collega che di nuovo ci chiede un favore che ci porterà via del tempo libero che desideravamo spendere in un altro modo? Dire di no alla vicina di casa che ci chiede di tenerle la figlia per qualche ora, quando siamo carichi di lavori da sbrigare?
Dire di no ad un amico, deludere le aspettative di chi ci crede sempre disponibili e pronti a scattare ad ogni chiamata, genera un senso di colpa difficile da tollerare. Il timore profondo è quello di perdere l’amicizia o la stima dell’amico, di non essere accettati, di venir giudicati male perché abbiamo osato esprimere apertamente il nostro volere, contrapponendolo a quello degli altri. Ma la verità è che ci sentiremmo meno male se il rispetto dei sentimenti e dei desideri altrui procedesse di pari passi al rispetto per i nostri sentimenti e i nostri desideri. Anche se fattori di natura sociali, primo tra tutti l’educazione che abbiamo ricevuto, sembrano quasi imporci una totale disponibilità nei confronti degli amici, colleghi e parenti, la verità è che noi abbiamo il diritto di dire no. E abbiamo il diritto di farlo senza sensi di colpa.
Con gentilezza, educazione, ma con decisione (decisione che deriva dal riconoscimento, appunto, dei nostri diritti inviolabili), potremmo declinare inviti, decidere di non offrire nostro aiuto, rimandare un appuntamento, senza ferire i sentimenti dell’altro.
“Scusami, ma stamattina proprio ce la faccio ad uscire…che ne dici di un caffè nel pomeriggio?”
“La ringrazio per l’invito, signora, ma domenica purtroppo abbiamo organizzato una gita fuori. Ci sarà sicuramente un’altra occasione per pranzare insieme!”
“Mi dispiace, ma purtroppo sono carico di impegni…non posso aiutarti stavolta.”
“Vorrei tenerti la bambina, ma oggi lavoro e non posso. Vuoi il numero di una babysitter? Ne conosco una bravissima!”
Le fondamenta dei dieci diritti si basano sull’onestà verso noi stessi, sulla comprensione dei desideri e delle esigenze dell’altro (“Capisco che tu abbia bisogno di aiuto…”) ma anche sul riconoscimento del nostro volere e sul coraggio di esprimerlo (“…ma purtroppo oggi non posso aiutarti.”), sempre esprimendosi nel rispetto degli altri, con educazione, con delicatezza, ma senza cedere ai tentativi (consapevoli o no) di manipolazione.
Insomma, essere assertivi non è facile. L’abilità di affina col tempo e con la pratica e, anche se all’inizio il senso di colpa ci farà sentire degli ignobili vermi, col tempo riusciremo a comprendere che l’amicizia, come tutti i rapporti con le persone significative, si basa sull’offerta spontanea, mai imposta, di aiuto, tempo, sostegno, compagnia. Il rischio è di sviluppare, col tempo, una rabbia repressa e un’ostilità nei confronti delle persone con cui volevamo essere sempre disponibili, ad ogni costo, fino ad accumulare tanto stress da esplodere. Le nostre reazioni, così eccessive, lasciano di sasso coloro che erano abituati a contare sempre su di noi.
In sintesi, ciò che potremmo imparare dai dieci diritti di Smith è che non dovremmo mai abusare dei nostri amici e del loro aiuto, e al tempo stesso non dovremmo abusare di noi stessi, della nostra generosità e disponibilità, imparando a donare il nostro tempo con spontaneità, ma sentendoci liberi di dire no quando non possiamo o non vogliamo. Solo così saremo veri amici, bravi colleghi, buoni vicini di casa e tanto altro. Solo così i nostri rapporti saranno davvero sinceri.
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